Il tesoro che Vasto non sapeva di avere e che fa fatica ad accettare
La famosa nevicata del 1956 privò Vasto della Chiesa di San Pietro, demolita a seguito della frana che provocò lo smottamento delle mura delle Lame. Allo stesso tempo, donò alla città un tesoro archeologico che altrimenti non avrebbe mai saputo di possedere.
Al di sotto del convento dei frati Francescani, accanto alla chiesa di Sant’Antonio, i lavori di demolizione fatti qualche anno dopo portarono alla scoperta di un mosaico di circa 38 metri quadrati, raffigurante scene marine con pesci, polpi, delfini e una tigre marina simile a quella delle Terme romane di Ostia antica.
Successivi lavori di scavo, nel 1997, portarono alla scoperta di un mosaico di 170 mq con tritoni, nereidi e, soprattutto, una grande raffigurazione del dio Nettuno con il tridente e un delfino. Gli scavi di quell’anno portarono anche a scoprire altri ambienti di servizio e strutture tecniche e un’epigrafe che ha permesso di datare la sistemazione delle terme successivamente al terremoto che le aveva danneggiate nel 346 d.C.
Oggi il sito, scavato per 250 metri quadrati, ma esteso anche al di sotto della chiesa di San Pietro e dell’Arena delle Grazie, rappresenta il più grande impianto termale romano dell’Italia sudorientale.
Il mosaico del Nettuno, quello posto più in alto, era la pavimentazione della vasca fredda, il frigidarium, mentre il mosaico della scena marina era probabilmente il pavimento del calidarium, la zona riscaldata. Entrambi i mosaici, con figure realizzate a tessere nere su sfondo bianco, appaiono di gusto ellenistico e di provenienza mediterranea, probabilmente dal Nord Africa.
Oggi i mosaici e gli altri ambienti possono essere visitati alla sera durante il periodo estivo, oppure su richiesta al Fondo Ambiente Italiano, l’associazione incaricata dalla Sovrintendenza alla gestione del monumento.
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